L’ATTEGGIAMENTO COLPEVOLE

Soffrono maggiormente di Atteggiamento Colpevole i mariti, le mogli o i figli che vivono (o che dovrebbero vivere) con anziani affetti da un qualche tipo di demenza.

Il nostro caro è diventato una persona impossibile? Ci chiama in continuazione senza motivo? Si sveglia alle due del mattino e comincia a girare per casa rischiando di cadere? Molla schiaffoni inconsulti a chi gli sta accanto? Si strappa improvvisamente il pannolone provocando disastri igienico-sanitari? Se abbiamo risposto di SI alla maggior parte di queste domande allora siamo degli eccellenti candidati per l’Atteggiamento Colpevole. L’Atteggiamento Colpevole si manifesta così: “Io non reggo più mio padre (madre/marito/moglie) ma, dato che a lui ci tengo, cerco una badante che faccia quello che dovrei farei io ma meglio di come lo farei io! In questo modo avrò comunque assolto ai miei doveri filiali o coniugali e potrò evitare di sentirmi in colpa”. Ed ecco che arrivano richieste per badanti disponibili a dormire in camera con l’anziano e ad alzarsi ogni volta che lui emette un gemito, che di giorno lo rincorrano per farlo lavare e cambiare mentre lui urla e si oppone, che passino le 24 ore a raccattare pannoloni e a rimuovere residui vari per la casa, che si precipitino ogni volta che sentono un verso che assomigli vagamente ad un richiamo. E che per di più si occupino delle faccende domestiche e sopportino la nostra funzione di verifica e controllo. Insomma, una sorta di “badante bionica”, di quelle che neanche Steven Spielberg riuscirebbe ad disegnare per uno dei suoi più immaginifici film di fantascienza. Di fronte a badanti in continua fuga, il parente affetto da Atteggiamento Colpevole pensa: “Ma queste qui non hanno proprio voglia di lavorare!”

Consiglio per chi soffre di Atteggiamento Colpevole.

Probabilmente il vostro caro non può essere seguito da una sola persona che stia con lui giorno e notte e lavori dalle 22 alle 23 ore al giorno. Anche le badanti conviventi seguono un orario di lavoro e hanno la necessità (prima ancora che il diritto) di godere di 8-10 ore consecutive di riposo. Se noi non riusciamo a dormire in stanza con il nostro caro, perché mai dovremmo pretendere che una badante lo faccia? E’ quindi necessario garantire alla badante convivente una sua camera privata in cui possa riposare tranquilla e magari assumere un badante per la notte. E se la stanza per la badante o i soldi per pagare due persone non ci sono, beh… non c’è scelta… la notte tocca a noi!!! L’alternativa a questo sacrificio é solo una: un avvicendamento vorticoso di badanti che alla fine ci stressa ancora di più.

L’ATTEGGIAMENTO DELEGATORIO

E’ un atteggiamento che tipicamente si manifesta quando nessuno di due o più figli accetta di assumersi in proprio la responsabilità di cura dell’anziano e malandato genitore. In tal caso, cosa c’è di più semplice che “appaltarlo” ad un terzo in cambio di compenso? I figli affetti da Atteggiamento Delegatorio lasciano il badante da solo a gestire l’anziano (con tutti i problemi o le criticità del caso) e se questi li sollecita ad offrire supporto o aiuto, replicano in modo incerto e dilatorio. Ogni decisione è subordinata ad ampie consultazioni tra figli e, nove volte su dieci, il badante è costretto dalla contingenza a trovare soluzioni fatte in casa e transitorie. Quasi mai i figli sono disponibili a sostituirsi al badante in caso di necessità, diventano latitanti quando c’è da sostenere qualche spesa “extra” e quando si fanno vivi assumono l’atteggiamento tipico del “collaudatore”: questo va bene, questo non va bene, questo si fa, questo non si fa. Salvo poi sparire di nuovo. Dopo aver sopportato per un po’ – sentendosi gravato da una responsabilità che ritiene non gli competa – il badante molla il lavoro, facendo ripiombare i figli nell’angoscia di una nuova “gara d’appalto”. Dopo l’ennesima fuga si sentono molti figli affetti da Atteggiamento Delegatorio minacciare il badante di denuncia “per abbandono di incapace…”

Consiglio per chi soffre di Atteggiamento Delegatorio.

ll badante non è un individuo con la vocazione al martirio. E’ necessario imparare a fare tutto ciò che lui fa ed essere periodicamente disponibili a sostituirlo per consentirgli di “prendere una boccata d’aria”. I genitori non possono essere integralmente “appaltati” ad un terzo né la propria latitanza può essere giustificata da altri doveri familiari. La frase “Anch’io ho il lavoro, mio marito (o mia moglie), i miei figli…” ha poco senso: il coniuge è un adulto autosufficiente che, in momenti critici, può anche dare una mano in più nella gestione del ménage familiare e nella cura dei figli. Né possiamo pensare che la condizione di ridotta autosufficienza di un genitore non abbia alcun riflesso sulla nostra vita. Finché il genitore c’è, noi dovremo esserci.