Centri diurni e di sollievo chiusi, assistenza domiciliare non garantita, assistenza familiare estremamente problematica e rischiosa: i caregiver vivono l’allontanamento sociale in solitudine, stanchezza e paura.

Non si rassegnano ad essere dimenticati “come al solito”: il DPCM Cura Italia” non ha previsto nessun sostegno per loro. Aumento permessi legge 104, congedi parentali, lavoro agile, certo! Ma niente per chi già si occupava in casa, h24 e con enormi sacrifici, di un un genitore, un fratello un parente non autosufficiente. Una nuova beffa che si aggiunge a un contesto già al limite delle forze.

Per i caregiver la situazione, con l’emergenza Coronavirus, è precipitata, diventando drammatica in alcuni casi: pensate alle migliaia di famiglie, costrette come tutti a stare chiuse in casa, nelle quali ci sia una persona non autosufficiente, totalmente dipendente da altri, incapace di compiere le minime azioni quotidiane, affidata completamente alle cure di badanti e familiari, che devono sobbarcarsi turi straordinari per limitare al massimo gli avvicendamenti poiché i loro assistiti in caso di contaminazione rischierebbero la vita. Con la chiusura dei centri diurni, l’assistenza domiciliare non garantita, è tutto bloccato, il rischio nell’avvicendamento degli assistenti familiari di cura: tutti fuori per evitare ogni possibilità di contagio, mentre chi è dentro deve gestire, 24 ore su 24, chi da solo non è in grado di lavarsi, vestirsi, nutrirsi. 
Nessun riposo, nessuna pausa, nessuna pace la necessità di gestire anche quelle incombenze che fino a qualche settimana fa erano compito di assistenti, operatori, infermieri. Le mura domestiche diventano vere prigioni, dove la solitudine può diventare un mostro alimentato dalla paura del contagio. In un contesto come questo non solo la salute fisica, ma la stessa tenuta mentale sono messe a durissima prova.

Come intervenire, dunque? Familiari e badanti hanno fatto appello al Presidente della Repubblica chiedendo di avere almeno garantito il supporto essenziale ed i dispositivi di protezione individuale: camici, mascherine e guanti: nulla di tutto ciò è presente nel nuovo DPCM.

La speranza è l’ultima a morire, ma speriamo che nel frattempo non sia preceduta da quelle che sono le persone più fragili, alle quali dovrebbe essere riservata “in primis” una particolare tutela.